Riduzione dello spazio intersomatico: cos’è, sintomi e cosa comporta
Scopri cos’è la riduzione dello spazio intersomatico, quali problemi comporta e come gestirlo!
Scopri cos’è la riduzione dello spazio intersomatico, quali problemi comporta e come gestirlo!
La discopatia o protrusione discale C6 C7, indica una condizione clinica che interessa la zona cervicale e in particolare le vertebre C6 C7, la sesta e la settima vertebra del rachide cervicale. Proprio come avviene per la protrusione discale C5 C6 o discopatia C4 C5, questo disturbo interessa primariamente il disco intervertebrale, ovvero il “cuscinetto” che funge da ammortizzatore naturale tra una vertebra e l’altra.
Così come per le discopatie o per le protrusioni discali in altre zone del corpo, come quella lombare e quella toracica o dorsale, è bene tenere a mente come tali disturbi siano estremamente comuni e che nella maggior parte dei casi si tratta di condizioni benigne e non pericolose.
Un ulteriore elemento conoscitivo importante è quello per cui discopatia e protrusione a tutti gli effetti siano sinonimi intercambiabili. Questi termini indicano, come detto, una condizione di degenerazione a carico del disco intervertebrale che, talvolta, possono essere “viste” alle indagini strumentali (come risonanza o TAC) come delle “protuberanze” intorno al disco stesso o come delle alterazioni della vera e propria struttura discale.
A questo proposito, non possiamo non citare l’ernia del disco cervicale, ovvero la condizione clinica per cui il disco intervertebrale si rompe (stiamo parlando di lesioni microscopiche) e per cui il materiale gelatinoso contenuto al suo interno (nucleo polposo) fuoriesce dalla propria sede, irritando potenzialmente le radici nervose cervicali dando cervicobrachialgia e sintomi come formicolio, bruciore, sensazione di scossa elettrica e intorpidimento. Contrariamente a quanto avviene nell’ernia cervicale, il dolore al braccio percepito in caso di sola discopatia senza ernia del disco è più comune sia di tipo muscolare (come il dolore riferito da trigger point o da tensione muscolare cervicale a carico dei muscoli trapezi). Infine, nel caso di più discopatie o protrusioni discali cervicali presenti, è molto comune leggere nel proprio referto specialistico la diagnosi di discopatie cervicali multiple.
Lo scopo di questo articolo è quello di discutere le cause della discopatia C6 C7, i suoi sintomi e approfondire quali sono i rimedi più efficaci per controllare o eliminare il dolore al collo, con o senza irradiazioni al braccio (cervicobrachialgia) e alla testa (cefalea).
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Le cause di discopatia o protrusione discale C6 C7 sono comuni a tutte le condizioni cliniche a carico del disco intervertebrale:
Come già discusso nell’articolo dedicato alla protrusione discale o discopatia C5 C6, la zona cervicale è soggetta a un minor stress fisico rispetto alla zona lombare, proprio per via della sua posizione più “alta”. Ciò nonostante tutte le discopatie cervicali, come quelle nelle altre zone anatomiche del corpo e non solo della colonna cervicale stessa, nella maggior parte dei casi devono essere considerate come parte del fisiologico avanzamento dell’età. Non è un caso, infatti, che una percentuale estremamente elevate di persone abbia discopatie o protrusioni nella propria colonna vertebrale C5 C6 o C6 C7 senza alcun tipo di dolore o altri sintomi. La vera sfida in ambito medico sarà quella di comprendere quando davvero la discopatia è causa di dolore e quando, invece, è solo un normale rinvenimento alla TAC o alla risonanza magnetica.
Tipologie di discopatia o protrusione discale C6 C7
Le tipologie di discopatia o protrusione discale C6 C7 variano a seconda del grado del disturbo e, soprattutto, della sua localizzazione. In base a quest’ultima le tipologie sono:
Entrando nello specifico dei sintomi della discopatia C6 C7, è bene tenere a mente come non è detto sia la discopatia in sé a generare dolore. Inoltre, anche in caso di irritazione e infiammazione cervicale a causa di una protrusione discale C6 C7, la buona notizia è che è possibile eliminare il dolore senza modificare la struttura del disco intervertebrale e che la discopatia non rappresenta in alcun modo un’indicazione per sottoporsi a intervento chirurgico.
Ad ogni modo, i sintomi più comuni della discopatia C6 C7 sono:
La discopatia degenerativa C6 C7 altro non è che un ulteriore sinonimo per indicare la diagnosi di discopatia stessa o protrusione discale cervicale a quello livello anatomico. Il termine degenerazione indica un’alterazione della struttura a carico del disco intervertebrale che è possibile vedere nelle immagini di una risonanza magnetica o di una TAC. Tra tutte le problematiche a carico della vera e propria struttura anatomica del disco intervertebrale, le più comuni sono sicuramente quelle della riduzione dell’ammontare di liquido all’interno del nucleo polposo (visibile come disco più scuro e con meno quantità di “bianco” alla risonanza magnetica) o del vero e proprio bulging discale – ovvero la protuberanza della struttura del disco verso l’esterno.
La diagnosi di discopatia o protrusione discale C6 C7 avviene tramite risonanza magnetica cervicale o TAC cervicale. Queste ultime sono le uniche metodiche in grado di studiare nel dettaglio lo stato di salute dei tessuti molli, tra cui il disco intervertebrale. La radiografia, invece, è in grado di studiare nel dettaglio solamente il tessuto osseo e non è raccomandata per i pazienti che soffrono di dolore cervicale che non hanno subito traumi. L’RX, infatti, è più utilizzata per la diagnosi di patologie maligne a carico delle vertebre o per l’individuazione di fratture vertebrali.
In caso di dolore cervicale, in presenza o assenza di discopatia C6 C7, è quella di rivolgersi a un fisioterapista specializzato in ambito muscoloscheletrico.
Sulla base della prima visita (leggi l'articolo dedicato per scoprire come avviene la visita con il fisioterapista specializzato in queste tipologie di disturbi), il fisioterapista sarà in grado di capire le cause alla base della problematica e impostare il trattamento più appropriato. La terapia, in questo caso, sarà composta da terapia manuale (mobilizzazioni articolari cervicali, trattamento muscolare e dei tessuti molli) ed esercizio terapeutico, ovvero l'insieme di movimenti finalizzati a migliorare la mobilità del collo e ridurre il dolore percepito.
Alcuni esercizi possono essere eseguiti anche autonomamente dal paziente comodamente a casa in attesa della propria prima visita con il fisioterapista che, sulla base della propria valutazione, intraprenderà insieme alla persona il percorso riabilitativo più appropriato. Esistono, infatti, esercizi generali che possono essere eseguiti da chiunque soffra di dolore cervicale in virtù della loro capacitò di indurre rilassamento muscolare - per trarre già da subito sollievo dal dolore al collo. Tuttavia, ogni percorso riabilitativo dovrà essere personalizzato sulla base dello stato di salute generali, del livello di attività fisica del paziente, del livello di dolore e della capacità di movimento del collo. Non esiste un trattamento fisioterapico uguale per ciascun paziente con dolore cervicale.
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Il dolore all’anca destra o sinistra è sicuramente una delle condizioni dolorose più comune nell’ambito muscoloscheletrico,
Solitamente il dolore all’anca si manifesta come:
Come viene valutato un paziente con dolore all’anca dal fisioterapista? Vediamolo insieme nel dettaglio passo dopo passo!
La valutazione del paziente con dolore all’anca si compone di due parti fondamentali:
Valutazione specifica dell’estensione dell’anca (movimento attraverso il quale l’intera gamba viene portata indietro) da parte del fisioterapista. Il test serve per valutare la qualità e la quantità di movimento dell’anca del paziente e fornisce importanti indicazioni per il trattamento.
Ogni paziente riceverà la propria specifica valutazione in base alle informazioni emerse durante il primo colloquio.
Ecco un riassunto della visita vera e propria del paziente con dolore all’anca destra o sinistra!
La prima fase di ispezione o osservazione del paziente con dolore all’anca destra o sinistra è una delle più importanti, in quanto consente al fisioterapista di individuare:
Lo scopo della palpazione durante la visita di un paziente con dolore all’anca destra o sinistra ha lo scopo di individuare quali tessuti tra muscoli, articolazioni, ossa, tendini e legamenti possono essere coinvolti nei sintomi della persona.
Nel dettaglio il fisioterapista utilizzerà la palpazione per i muscoli:
I test attivi che il paziente esegue attivamente senza l’aiuto del fisioterapista. Alcuni di questi movimenti sono simili a quelli richiesti al paziente con mal di schiena, già visti nell’articolo completo dedicato al mal di schiena), e, ripassandoli, sono:
Gli altri test attivi richiesti al paziente con dolore all’anca destra o sinistra sono:
Lo scopo di questi movimenti durante la visita di un paziente con dolore all’anca hanno lo scopo di valutare quantità di movimento, qualità (sicurezza nell’esecuzione del movimento da parte del paziente, eventuali tremori o “aiuto” attraverso l’uso delle braccia) e la presenza di dolore all’anca durante o dopo i movimenti.
I test di forza (o test resistiti) vengono utilizzati dal fisioterapista durante la visita di un paziente con dolore all’anca con lo scopo di valutare la forza muscolare nelle diverse direzioni. La valutazione della forza muscolare, in caso di dolore all’anca, è indispensabile e fornisce importanti informazioni per il trattamento.
Valutazione del muscolo ileo-psoas (muscolo anteriore dell’anca che ha la funzione di sollevarla verso l’alto). Al paziente viene richiesto di mantenere la posizione mentre il fisioterapista esercita una spinta verso il basso. Lo scopo del test è quello di valutare la forza muscolare in flessione d’anca (movimento di sollevamento della gamba).
I test di forza sono essenziali durante la visita di un paziente con dolore all’anca, in quanto possono aiutare il fisioterapista a capire se il dolore della persona può essere o meno dovuto a problematiche muscolari o articolari.
Valutazione dei muscoli adduttori (muscoli che avvicinano le gambe tra loro e che si trovano nella parte interna della coscia) a ginocchio flesso (piegato). Al paziente viene richiesto di unire le ginocchia e “schiacciare” la mano del fisioterapista. Il test ha lo scopo di scoprire se il dolore (principalmente a livello inguinale) del paziente con dolore all’anca destra o sinistra può essere dovuto a problematiche degli adduttori.
I test specifici (o speciali) sono chiamati così per via del fatto che hanno lo scopo di valutare delle componenti specifiche dell’anca e, nel particolare, le strutture all’interno dell’articolazione.
Test specifico per il dolore all’anca percepito a livello inguinale. Il nome della manovra è FADDIR test. Il test ha lo scopo di valutare se il dolore del paziente può avere una origine articolare e si compone di un insieme di movimenti tra cui la flessione (piegamento della gamba in avanti), adduzione (movimento attraverso il quale il ginocchio viene portato verso l’interno) e rotazione interna (movimento della gamba per cui il piede viene portato verso l’esterno).
Grazie a questi test (come il FADDIR test) il fisioterapista sarà in grado di identificare le strutture più coinvolte nel dolore all’anca del paziente.
I test passivi, infine, sono tutte quelle procedure eseguite dal fisioterapista (in questo caso il paziente non partecipa al movimento – ecco quindi il perché del “passivo”) che muovere la schiena del paziente (che sarà in posizione prona – a pancià in giù – oppure sul fianco) in diverse direzioni.
Video che mostra un test specifico per la valutazione della rotazione interna dell’anca, uno dei movimenti più importanti da valutare nei pazienti con dolore a questa articolazione.
Video che mostra un test specifico per la valutazione della rotazione esterna dell’anca.
Test specifico per valutazione la rotazione interna dell’anca – movimento estremamente importante. Il test ha lo scopo di identificare quanto movimento in rotazione interna d’anca è presente e, in caso di deficit o riduzione dell’ampiezza di tale movimento, fornisce importanti informazioni per il trattamento.
Test specifico per valutazione la rotazione esterna dell’anca – movimento estremamente importante. Il test ha lo scopo di identificare quanto movimento in rotazione esterna d’anca è presente e, in caso di deficit o riduzione dell’ampiezza di tale movimento, fornisce importanti informazioni per il trattamento.
Al termine della visita vera e propria di un paziente con dolore all’anca destra o sinistra, il fisioterapista saprà identificare il trattamento più appropriato per risolvere il dolore.
Leggi l’articolo completo con alcuni esercizi per te!
Scopri gli esercizi che puoi svolgere in autonomia per trarre sollievo dal dolore!
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Il mal di schiena (o dolore lombare o, in inglese, low back pain) è senza dubbio la condizione dolorosa più comune nell'ambito muscoloscheletrico, ovvero la prima in classifica tra i dolori del nostro corpo. Al secondo posto, invece, ritroviamo la cervicalgia (o dolore cervicale o, impropriamente, "cervicale") e, al terzo posto, il dolore alla spalla.
La valutazione del paziente con mal di schiena si compone di due parti fondamentali:
Parliamo, ora, nello specifico dell'esame obiettivo, ovvero della visita vera e propria!
Valutazione dell'estensione (inarcamento della schiena indietro) lombare (zona bassa della schiena) e dell'estensione (movimento dell'intera gamba all'indietro) dell'anca.
La valutazione del paziente con mal di schiena (o dolore lombare) non è mai standard. Ogni paziente riceve i test e le manovre specifiche che la sua condizione clinica richiede e non esiste una valutazione uguale per tutti.
Ad ogni modo, facciamo una rapida rassegna di cosa dovresti aspettarti se ti rechi da un fisioterapista a causa del tuo mal di schiena!
Ecco un riassunto breve ma esaustivo:
Il paziente con mal di schiena va osservato e "guardato" ben da parte del fisioterapista con l'obiettivo di individuare:
Lo scopo della palpazione durante la visita di un paziente con mal di schiena ha lo scopo di individuare quali tessuti tra muscoli, articolazioni, ossa, tendini e legamenti possono essere coinvolti nei sintomi della persona.
Nel dettaglio il fisioterapista utilizzerà la palpazione per i muscoli:
I test attivi sono movimenti che il fisioterapista richiede di eseguire al paziente attivamente (ovvero da solo e senza aiuto), tra cui ricordiamo, principalmente:
Lo scopo di questi movimenti durante la visita di un paziente con dolore lombare hanno lo scopo di valutare quantità di movimento, qualità (sicurezza nell'esecuzione del movimento da parte del paziente, eventuali tremori o "aiuto" attraverso l'uso delle braccia) e la presenza di mal di schiena durante o dopo i movimenti.
I test provocativi sono chiamati così perché hanno lo scopo di provocare il dolore del paziente. Chiariamoci subito. I test non sono fatti per creare dolore, ma hanno lo scopo di far capire al fisioterapista quali sono effettivamente le zone più dolorose e, quindi, quelle che devono essere trattate in caso di mal di schiena.
Immagine rappresentativa di un test provocativo del rachide lombare (zona bassa della schiena). Il test ha lo scopo di individuare nello specifico le zone più dolorose del paziente. Il test è indispensabile in quanto permette al fisioterapista di capire quali zone del corpo trattare per risolvere il problema del paziente.
Video rappresentativo di un test provocativo.
Video rappresentativo di un altro test provocativo.
Grazie a questi test, il fisioterapista sarà in grado di identificare quali saranno le zone più importanti da trattare.
I test passivi, infine, sono tutte quelle procedure eseguite dal fisioterapista (in questo caso il paziente non partecipa al movimento - ecco quindi il perché del "passivo") che muovere la schiena del paziente (che sarà in posizione prona - a pancià in giù - oppure sul fianco) in diverse direzioni.
Al termine della visita vera e propria di un paziente con mal di schiena, il fisioterapista saprà identificare il trattamento più appropriato per risolvere il dolore.
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Il mal di schiena è la problematica muscoloscheletrica più comune al mondo, in particolare quello in zona lombare.
Diciamocelo, tutti sappiamo che per il mal di schiena bisogna fare esercizi... ma nel momento in cui ci chiediamo "quali sono i migliori esercizi per il mal di schiena?", probabilmente, molti di noi non hanno la giusta risposta.
Iniziamo dicendoci che gli esercizi per il mal di schiena sono davvero l'unico farmaco che ci aiuta a stare bene. Vi dirò di più. Gli esercizi aiutano per:
La nostra schiena è fatta per muoversi, su questo siamo tutti d'accordo.
Se siamo tutti d'accordo sul fatto che il nostro corpo abbia bisogno di muoversi, è vero anche che per risolvere dei problemi come il mal di schiena, serva allo stesso modo il movimento: gli esercizi.
Al mal di schiena si accompagna sempre un problema di movimento, chiaramente una limitazione del movimento (difficoltà nell'allacciarsi le scarpe da seduto, difficoltà nel raccogliere qualcosa da terra quando siamo in piedi, difficoltà nel mantenere la posizione seduta o in piedi per un tempo prolungato e così via).
L'unica vera regola è: il nostro corpo è fatto per muoversi, il dolore trascina con sè delle problematiche di movimento e, per risolverlo, saranno proprio gli esercizi (movimento) a risolverlo!
Facciamo un esempio pratico e scopriamo di cosa parliamo quando parliamo di esercizi per mal di schiena (o mal di schiena lombare) guardando insieme DUE video, ad esempio, di esercizi per il mal di schiena al risveglio al mattino, con o senza rigidità!
Ecco un primo esempio di esercizio efficace, semplice e sicuro che possiamo eseguire per combattere il mal di schiena al risveglio!
Ecco il secondo esempio di esercizio per mal di schiena al risveglio.
Chi di noi non ha sofferto almeno una volta di mal di schiena? Specialmente nella zona lombare, ovvero la parte più bassa della schiena?
Rassicuriamoci subito.
Il mal di schiena è un disturbo davvero frequente. Anzi, è il problema a carico del sistema muscolare e scheletrico più comune al mondo!
Ci sono però ottime notizie.
Nel 95% dei casi, il mal di schiena è di natura benigna non vi è alcuna patologia grave alla base del problema. Il problema è solamente il dolore, che a volte potrebbe essere molto disabilitante per il paziente e per questo deve essere aiutato.
Dopo questa breve e doverosa presentazione è necessario fare un piccolo passo indietro.
Purtroppo, I miti e i luoghi comuni che ruotano attorno al mal di schiena sono davvero tanti.
Passiamo alla pratica!
Il mal di schiena non è un disturbo che mette a rischio la nostra vita. Può essere doloroso, stressante e disabilitante, ma raramente rappresenta una condizione medica pericolosa. Come dicevamo prima, nel 95% dei casi non è nulla di grave!
Nonostante sia un luogo comune estremamente diffuso, la ricerca e la pratica clinica ci insegnano come l’avanzare dell’età non sia causa di mal di schiena. La maggior parte degli episodi di mal di schiena tende a migliorare nel corso del tempo e certamente non peggiorano con l’avanzare dell’età. I trattamenti fondati sugli studi scientifici, infatti, possono aiutare a qualunque età! E qual è il professionista di riferimento? Il Fisioterapista specializzato in disturbi muscoloscheletrici.
La schiena è estremamente forte. Normalmente, in caso di danni ai tessuti, il nostro corpo guarisce nell’arco di circa 3 mesi. Pertanto, se il dolore è presente da più di questo tempo significa che ci sono anche altri fattori che contribuiscono al dolore! Se ci pensiamo bene, infatti, tanti episodi di mal di schiena insorgono senza un vero danno alla schiena ma, per esempio, con semplici movimenti della vita quotidiana. Questi episodi possono essere legati allo stress, alla tensione, alla fatica, all’inattività o a un’attività insolita che rende la nostra schiena più sensibile al carico e al movimento.
Le indagini strumentali sono utili per pochissime persone. Nei referti infatti, è comune ritrovare tante cose dal nome spaventoso come protrusioni, degenerazione o erniazioni discali. Sfortunatamente, queste cose sono estremamente comuni anche nelle persone che non hanno mal di schiena e non ci aiutano a capire quanto dolore percepiamo o quanta disabilità ci procura questo dolore! In più, le immagini delle indagini strumentali possono cambiare: sappiamo infatti che la maggior parte delle erniazioni discali “si ritira” spontaneamente nel corso del tempo. Insomma, queste immagini non ci dicono come si evolverà nel tempo dell’episodio di mal di schiena, non ci dicono quanta disabilità procura il mal di schiena e non migliorano i risultati finali dei trattamenti!
Quando il dolore persiste, è normale che la schiena e i muscoli intorno diventino davvero più sensibili al tocco e al movimento. Il dolore che percepiamo durante il movimento e durante le attività riflette quanto sono sensibili le strutture, non quanto siamo danneggiati. Per questo motivo è normale e sicuro percepire un po’ di dolore o tensione quando si inizia un movimento o un esercizio, soprattutto quando non siamo abituati a farlo o quando non lo facciamo da un po’!. Questo aspetto normalmente si sistema nel momento in cui diventiamo più attivi. Infatti, l’esercizio e il movimento sono tra le strategie più efficaci per aiutare a combattere il mal di schiena, insieme alla terapia manuale eseguita dal fisioterapista.
Il modo con cui stiamo seduti, come ci alziamo o come ci pieghiamo non è una causa di mal di schiena anche se queste attività possono essere dolorose. Variare la postura è salutare per la nostra schiena ed è altrettanto sicuro rilassarsi durante le attività quotidiane come piegarsi o sollevare degli oggetti con la schiena curva – in effetti, se ci pensiamo, è più efficiente!
Infatti, se ci pensiamo bene, le persone con mal di schiena spesso hanno una muscolatura “del busto” molto più tesa come risposta protettiva. È come stringere il proprio pugno dopo aver subito una distorsione al polso, non cambia nulla. Essere forti è importante quando hai bisogno di muscoli da utilizzare, ma essere in tensione per tutto il tempo non aiuta (ed è quello che succede quando si ha dolore!). Infatti, imparare a rilassare la nostra muscolatura durante le attività quotidiane può essere di grande aiuto.
Così come sollevare pesi rende i muscoli più forti, muoversi e caricare rendono la nostra schiena più forte e più sana. Pertanto, attività come la corsa, il piegamento o il sollevamento sono sicure se si incomincia ad eseguirle con gradualità e una pratica regolare. E se abbiamo dolore? Probabilmente bisognerà fare un piccolo passo indietro perché probabilmente è ancora presto, ma non significa che dobbiamo fermarci! Il movimento è vitale per la nostra schiena. Se dei movimenti risultano dolorosi, se ne troveranno degli altri più semplici e meno energici da cui partire.
Le riacutizzazioni del dolore possono far paura ed essere molto dolorose, ma solitamente non sono legate a un reale danno ai tessuti. Scarsa qualità del sonno, stress, tensione, paure, livello di umore basso, inattività o attività inusuali sono i fattori che solitamente scatenano questi episodi. Controllare questi fattori aiutano a prevenire le esacerbazioni del dolore e, in caso di episodio come questo, è necessario rimanere calmi, rilassarsi e continuare a muoversi piuttosto che comportarsi come se ci trovassimo in caso di infortunio.
Le infiltrazioni, la chirurgia e i farmaci come gli oppioidi non sono così efficaci per ridurre il dolore persistente nel lungo periodo. Non solo, queste procedure associano a rischi ed effetti collaterali negativi che sono tutt’altro che d’aiuto. Trovare modalità a basso rischio per controllare il dolore è la chiave per la risoluzione del problema.
Ognuno di noi ha bisogno di una guida nei momenti di difficoltà e di bisogno. Il fisioterapista, essendo il professionista più specializzato dell’ambito sanitario nel mal di schiena, rappresenta quella guida da seguire.
La giusta ricetta che funziona per tutti i pazienti è:
Questa ricetta, come avremo ben capito, dovrà avere gli ingredienti giusti per ciascun paziente. La ricetta ci dice in linea generale come dobbiamo gestire insieme il problema, gli ingredienti saranno il come lo faremo!
Fonte
O’Sullivan Peter B., et al. Back to basics: 10 facts every person should know about back pain. Br J Sports Med. 2019
Dott. Valerio Barbari
Fisioterapista, OMPT - RIMINI
Collaboratore alla Didattica presso l'Università degli Studi di Genova
Specializzato nel trattamento del dolore e delle problematiche cervicali e di schiena
In collaborazione con FisioScience MEDICAL. La prima piattaforma interamente dedicata ai pazienti.
Il mito della postura: è tempo di cambiare direzione?
1) Non esiste un'unica "corretta" postura. Nonostante vi siano radicate e forti credenze e luoghi comuni a riguardo, non vi è alcuna prova scientifica rispetto al fatto che esita una postura ottimale o che evitare posture "scorrette" prevenga il mal di schiena.
2) Le differenze nelle diverse posture sono NORMALI. Sono, infatti, normali variazioni delle curve della nostra schiena e non c'è nessuna singola "curvatura" che si associ al mal di schiena. Il DOLORE è una cosa, la POSTURA (ognuno di noi ha la propria) è un'altra!
3) La POSTURA riflette i pensieri e gli stati d'animo. La postura, infatti, può rappresentare le emozioni, i pensieri e l'immagine del corpo di una persona. Che cosa significa? Significa che, per esempio, alcune posture vengono adottate come strategia di difesa e quindi possono riflettere aspetti legati alla vulnerabilità del nostro corpo. Comprendere le ragioni che stanno alla base dell'assunzione di queste posture potrebbe essere molto più utile del valutare la postura (intesa come pura posizione nello spazio) in sé!
4) E' sicuro adottare più posture, e che siano comode. Le posture comode, oltretutto, variano tra i diversi individui. Esplorare posture diverse, incluse quelle che frequentemente vengono evitate o modificare le nostre abitudini posturali quotidiane può portare anche a un sollievo dai sintomi!
5) La nostra schiena è estremamente FORTE e dobbiamo fidarci di essa. La colonna vertebrale, infatti, costituisce una struttura adattabile e robusta in grado di muoversi in maniera sicura in un'ampia varietà di posture. Le avvertenze che vengono date rispetto all'evitamento di alcune posture non sono assolutamente necessarie e potrebbe portare ad avere PAURA di muoversi.
6) STARE SEDUTI NON E' DANNOSO! Stare seduti per più di 30 minuti non è pericoloso, e nemmeno dovrebbe essere sempre evitato. Tuttavia, muoversi e cambiare posizione è molto utile ed essere fisicamente attivi è estremamente importante non solo per la salute generale, ma anche per la nostra schiena!
7) Non esiste una regola che valga per tutti. Le analisi posturali e del movimento NON PREVENGONO il dolore sul posto di lavoro. Il modo con cui solleviamo gli oggetti, per esempio, è influenzato dalla NORMALE variabilità delle curvature della nostra schiena e consigliare di adottare una specifica postura o un corsetto (busto) NON E' ASSOLUTAMENTE RACCOMANDATO.
Diane Slater et al. “Sit Up Straight”: Time to Re-evaluate. JOSPT (2019).
Come funziona, o meglio, in che cosa dovrebbe consistere la valutazione di un fisioterapista?
Per una serie di ragioni purtroppo ben note, il fisioterapista è sempre stato visto come un professionista di carattere puramente tecnico.
Infatti, alla fisioterapia, è stato sempre dato un connotato poco “valutativo”, ma più “d’azione”.
Mi spiego.
Al medico è sempre stata affidata la diagnosi (identificare la patologia) e al fisioterapista è stato affidato il trattamento (in linea con le indicazioni mediche).
E, nella maggior parte dei casi, vista la carente (per essere buoni) formazione di molti fisioterapisti, direi meglio così.
Per fortuna, il fisioterapista con una formazione specialistica nel proprio ambito, ha anch’egli una propria valutazione sulla base della quale proporrà al paziente un piano di trattamento in funzione delle sue richieste, delle sue preferenze e della sua condizione clinica.
Stiamo facendo riferimento all’ambito muscoloscheletrico (gestione del mal di schiena, dolore di spalla, mal di testa, cervicalgia, artrosi, riabilitazione post-chirurgica e così via), ma ogni fisioterapista dovrebbe avere, anche se non è sempre così, la propria formazione specialistica nel relativo ambito (respiratorio, cardiologico, geriatrico, dell’età evolutiva, del pavimento pelvico, neurologico e così via).
La valutazione fisioterapica si compone essenzialmente di due momenti: il colloquio conoscitivo con il paziente (anamnesi) e l’esame obiettivo (la vera e propria “visita”).
Il colloquio con il paziente, specialmente la prima volta che fisioterapista e paziente si incontrano, costituisce senza ombre di dubbio il momento più nobile della valutazione.
Infatti, in questa fase del processo di valutazione e attraverso alcune domande da parte del fisioterapista; il paziente avrà modo di:
Come vedete, il colloquio è davvero ricco, se vogliamo così definirlo.
Per qualche paziente potrebbe sembrare, a volte, noioso, ma è in realtà il momento più informativo della valutazione!
Infatti, per fare un esempio, è proprio in questo momento che il fisioterapista potrebbe valutare che il problema del paziente sia più di pertinenza medica che fisioterapica (ed eventualmente invitare al paziente a sottoporsi all’attenzione del medico).
Andiamo avanti con la fase successiva.
Come detto, il secondo momento della valutazione è l’esame obiettivo, ovvero la vera e propria “visita”.
In questa fase valutativa il fisioterapista si avvarrà delle seguenti "step":
Al termine di tutto questo processo, il fisioterapista avrà ben chiara la condizione clinica del paziente e, insieme al paziente stesso, discuterà la proposta di trattamento, nonché la tipologia, la frequenza e tutto ciò che ne consegue.
La valutazione del paziente, in particolar modo al primo incontro (ma non solo), deve essere dettagliata e accurata.
Solo in questo modo il fisioterapista potrà proporre un trattamento specifico e personalizzato sulla persona.
Solo in questo modo il paziente può ottenere un servizio sanitario sicuro, efficiente, efficace e, soprattutto, appropriato.
Valerio Barbari
Dottore in Fisioterapia, OMPT
Orthopaedic Manipulative Physical Therapist
Collaboratore alla didattica Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici
Università di Genova (Savona)
Lo sentiamo dire spesso, davvero spesso.
Ma ci crediamo sul serio?
Ebbene, tutti noi conosciamo gli effetti benefici dell’esercizio sull’aumento della forza muscolare, della resistenza muscolare, sul sistema cardiovascolare e polmonare, e così via.
Ma sappiamo anche che l’esercizio è uno dei più potenti antidolorifici di cui disponiamo?
Il dolore persistente, oggi, deve essere considerato come una vera e propria patologia a sé stante.
Quando il dolore persiste da tempo (magari tanto tempo) non ha realmente più tanto senso parlare di mal di schiena o male al collo (salvo casi specifici), ma di dolore.
Sia da un punto di vista economico che da un punto di vista emotivo, psicologico, fisico, lavorativo e familiare, il dolore persistente gioca un ruolo determinante (negativo) nella vita delle persone.
Per citare una frase di McQuay H., “i pazienti con dolore persistente che sono gestiti in maniera non appropriata rimbalzeranno all’interno del sistema sanitario diventando sempre più esasperati e consumando una quantità considerevole di risorse”.
In effetti, così è.
L’esercizio è un farmaco.
L’esercizio è una medicina.
Sono davvero numerose le ricerche che ci ricordano come l’esercizio sia efficace nella ridurre del dolore in diverse problematiche, tra cui, per fare solo qualche esempio l’artrosi, il mal di schiena, il dolore al collo[2,3,4,5,6], o, ancora, in patologie come l’artrite reumatoide o la fibromialgia[7,8].
E ancora..
Per citarne un’altra, un’enorme ricerca pubblicata nel 2015[9] ha riassunto tutte le prove a supporto dell’esercizio per diverse patologie. Oltre alle problematiche cardiovascolari, polmonari, neurologiche e psichiatriche, vi erano anche:
Non male, no?
Discutere dettagliatamente i meccanismi per cui l’esercizio determina una riduzione del dolore è davvero molto complesso e non è l’obiettivo di questo articolo, che si propone di portare alla Vostra attenzione il fatto che l’esercizio costituisce una medicina e può considerarsi come un vero e proprio farmaco antidolorifico!
Un po' di termini strani..
I sistemi maggiormente coinvolti nell’azione antidolorifica dell’esercizio sembrano essere:
“Vivere bene con il dolore” traduzione italiana (2019).
Scaricabile gratuitamente al http://www.fisioscience.it/blog/living-well-with-pain-traduzione-italiana/
Valerio Barbari
Dottore in Fisioterapia, OMPT
Orthopaedic Manipulative Physical Therapist
Collaboratore alla didattica Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici
Università di Genova (Savona)
La “cervicale” che non passa o che ritorna in maniera ricorrente come fosse un raffreddore, è una malattia e una condanna?
La risposta, e anche la buona notizia, è NO, non è una malattia né tantomeno una condanna.
Il termine “cervicale” (che non è altro che la zona della colonna vertebrale compresa tra testa e spalle) nel gergo comune indica impropriamente una condizione dolorosa (cervicalgia) che colpisce prevalentemente la regione posteriore del collo che può raggiungere:
Un po’ come per il mal di schiena, il dolore cervicale ha, da sempre, subito l’influenza di alcuni luoghi comuni che si sono dilagati a macchio d’olio nel vissuto di ciascuno di noi.
Diciamocela tutta, nel corso degli anni è stato attribuito alla “cervicale” un significato molto più tenebroso rispetto a quanto non lo sia in realtà.
Quello che tutti dobbiamo sapere è che, nella maggior parte dei casi, è di natura benigna e i casi in cui è sintomo di una patologia più grave sono davvero rari.
Tutto ciò che vediamo nelle nostre radiografie o risonanze magnetiche, anche per quel che riguarda la colonna cervicale, è molto comune anche nelle persone che non hanno alcun dolore!
Per questo motivo, non possiamo imputare la “colpa” dei nostri sintomi solamente a ciò che leggiamo nei referti delle radiografie, risonanze o altro (soprattutto quando il dolore persiste da un po’!).
Nemmeno in quest’area anatomica esiste la “schiena perfetta”.
Piuttosto, le indagini strumentali hanno un peso rilevante in caso di sospetto di un problema più serio per il quale sarà necessario un approfondimento specialistico o di altra natura.
A supporto del fatto che spesso gli episodi di dolore cervicale sono benigni, dobbiamo sapere che la maggior parte di questi ultimi si risolve spontaneamente in un arco di tempo compreso tra 2 settimane e 3 mesi.
Non è purtroppo una regola e ci sono alcuni pazienti che soffrono di dolore cervicale per più tempo.
La ricerca ci dice chiaramente quali sono i fattori che potrebbero far ritardare il recupero in caso di dolore cervicale.
Tra questi ritroviamo la presenza di forte dolore al braccio, dolore in diverse e numerose regioni del collo e della colonna vertebrale, fumo, obesità, basso livello di salute generale, fattori come ansia, paura del movimento, evitamento del movimento del collo e della testa, una scarsa qualità del sonno e, soprattutto, un basso livello di attività fisica ed esercizio.
Ideato da Dott. Google e alimentato dalle pseudoscienze più stravaganti, il text-neck, cioè una presunta patologia per la quale chi usa il cellulare dovrebbe sviluppare dolore cervicale per via del piegamento del collo e della testa, ha ottenuto purtroppo un enorme successo attraverso i media.
La ricerca scientifica sostiene non vi sia alcuna correlazione tra l’utilizzo del cellulare e l’insorgenza di dolore cervicale.
Anche esulando dal contesto scientifico (che resta comunque l’unico a poter fornire risposte alle nostre domande), tanto per avanzare un'obiezione contro questa nuova moda: non è forse vero che lo facevamo anche prima esattamente nella stessa maniera? Prima no ed ora sì?
Al nostro corpo non interessano tanto le posture che assumiamo, ma è molto interessato al fatto che queste posizioni non si protraggano nel tempo!
Il nostro corpo trae beneficio dal movimento e ne soffre l’assenza, pertanto è portato a far scattare un allarme (dolore) nel momento in cui tale movimento o posizione venga eseguito o mantenuta per un periodo prolungato ed eccessivo.
Il nome tecnico della prima è cefalea cervicogenica (=che origina dalla cervicale) e si caratterizza per avere un’insorgenza nella zona posteriore della testa che si espande fino alla fronte o agli occhi, che va e viene insieme al dolore al collo e che aumenta con i movimenti o posizioni mantenute del collo e della testa.
Quello della seconda invece è vertigine cervicogenica e si presenta come senso di instabilità, senso di ubriacatura, giramenti di testa o sensazione di testa vuota od ovattata. Anche in questo caso, generalmente, questi sintomi vengono scatenati da un trauma cervicale (come un colpo di frusta) o dal movimento/posizioni mantenuti della testa e del collo.
Affidati a un bravo fisioterapista per la gestione di questo problema!
La terapia manuale e l’esercizio terapeutico rappresentano due strategie estremamente efficaci per queste condizioni.
Mettiamo una croce definitiva su cerotti, creme, pomate, pietre che emanano calore, mani poggiate sulla testa per qualche minuto, o qualunque altra cosa che non prevede il movimento.
Il collo, come qualunque altra regione del corpo, è fatto per muoversi e per questa ragione, non penso ci sia da stupirsi, deve farlo!
In caso di dolore tale movimento dovrà solamente essere adattato e dosato proprio sulla tua condizione in quel preciso momento e la fisioterapia è un'ottimo alleato contro la nostra "cervicale"!
In effetti, non ci sono controindicazioni al movimento, all’esercizio e, in senso più generale, all’attività fisica.
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Valerio Barbari
Dottore in Fisioterapia, OMPT
Orthopaedic Manipulative Physical Therapist
Collaboratore alla didattica Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici
Università di Genova (Savona)
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